Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/180

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dell'impero romano cap. iv. 143

viluppare il nemico, e con questo d’ucciderlo. Se gli falliva il primo colpo, era costretto ad evitar fuggendo il Secutore, finchè egli avesse preparata la rete per un secondo tiro1. L’Imperatore combattè settecento trentacinque volte da Secutore. Grande era la cura di registrare queste eroiche azioni negli annali dell’Impero; e Commodo, per colmo d’infamia, riscosse dai fondi destinati ai gladiatori uno stipendio sì esorbitante, che divenne una nuova e vergognosissima tassa pei Romani2. Facilmente si supporrà, che il padrone del Mondo era sempre vincitore in quelle pugne. Nell’anfiteatro le sue vittorie non sempre erano sanguinose, ma quando esercitava la sua destrezza nella scuola dei gladiatori, o nel palazzo, i suoi infelici avversarj erano spesso onorati di una mortal ferita dalla mano di Commodo, e costretti a sigillare col proprio sangue la loro adulazione3.

Commodo sprezzò ben presto il nome di Ercole; e quello di Paulo, celebre Secutore, divenne il solo di cui egli si compiacesse. Fu scolpito nelle statue colossali, e ripetuto con frequenti acclamazioni4 dal Senato, che con interno cordoglio applaudivagli5. Claudio Pompeiano, il virtuoso marito di Lucilla, fu

  1. Lipsio lib. II c. 7 e 8. Giovenale nella Satira VIII, fa una pittoresca descrizione di questo combattimento.
  2. Stor. Aug. p. 50. Dione l. LXXII p. 1220. Egli ricevè per una sola volta decies H. S. quasi sedicimila zecchini.
  3. Vittore dice che Commodo dava ai suoi antagonisti una spada di piombo, temendo probabilmente lo conseguenze della loro disperazione.
  4. Fu egli obbligato di ripetere 626 volte Paulo primo de’ Secutori ec.
  5. Dione lib. LXXII p. 1221 parla della sua viltà, e del pericolo, ch’ei corse.