Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/198

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dell'impero romano cap. v. 161

condarono da ogni parte con i loro scudi, e in ordine di battaglia lo condussero per le strade deserte della città. Fu ordinato al Senato di radunarsi, e gli amici più ragguardevoli di Pertinace, non meno che i nemici personali di Giuliano, crederono necessario di mostrarsi più degli altri lieti e contenti di questa rivoluzione felice1. Poscia ch’ebbe ingombrato il Senato di armati, Giuliano ragionò lungamente sulla libertà della sua elezione, sulle proprio eminenti virtù, e sulla sua piena confidenza nell’amor del Senato. L’ossequiosa assemblea si congratulò della propria e pubblica felicità, gli giurò fedeltà, e gli conferì tutte le diverse prerogative della potestà imperiale2. Dal Senato fu Giuliano con la stessa militar processione condotto a prender possesso del palazzo. I primi oggetti, che colpirono la sua vista, furono il tronco cadavere di Pertinace, ed i i frugali preparativi per la sua cena. Riguardò quello con indifferenza, questi con disprezzo. Ordinò che si preparasse un sontuoso banchetto, e consumò gran parte della notte giocando ai dadi, e vedendo i balli di Pilade, celebre saltatore. Fu per altro osservato che, dileguata la folla dei cortigiani, e rimasto solo nell’oscurità, nella solitudine ed in balìa della terribile riflessione, passò tutta la notte senza dormire, forse rammentando a se stesso la sua temeraria follìa, il fato del suo virtuoso predecessore, e l’incer-

  1. Dione Cassio, allora Pretore, era stato nemico personale di Giuliano. Lib. I LXXIII p. 1235.
  2. Stor. Aug. p. 61. Si raccoglie da questo luogo una circostanza curiosa: un Imperatore di qualsiasi nascita era immediatamente dopo la sua elezione ascritto al numero dei Patrizj.