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168 storia della decadenza

tinace, egli radunò le sue truppe, dipinse con i colori più vivi il delitto, l’insolenza e la debolezza dei Pretoriani, ed animò le legioni alle armi ed alla vendetta. Finì con un’eloquentissima perorazione, promettendo quasi ottocento zecchini ad ogni soldato, donativo magnifico, e doppio di quello, con cui l’infame Giuliano avea comprato l’Impero1. Immediatamente l’esercito, alzando grandi acclamazioni, salutò Severo con i nomi di Augusto, di Pertinace e d’Imperatore; od egli così pervenne a quel grado sublime, al quale si credeva chiamato dal proprio merito, e da una lunga serie di sogni e di presagi, utili parti della sua superstizione o politica2.

Il nuovo pretendente all’Impero conobbe il vantaggio particolare della sua situazione, e ne profittò. La sua provincia si estendeva fino alle alpi Giulie, che gli davano un facile accesso nell’Italia; ed egli si ricordò il detto di Augusto, che un’armata della Pannonia poteva in dieci giorni venire alla vista di Roma3. U-

  1. La Pannonia era troppo povera per somministrare una tal somma. Fu questa probabilmente promessa nel campo, e pagata a Roma dopo la vittoria. Nel fissar questa somma ho adottata la congettura di Casaubono. Vedi Stor. August. p. 66.
  2. Erodiano l. 1I p. 78. Severo fu dichiarato Imperatore sulle rive del Danubio, a Carnunto, secondo Sparziano, Stor. Aug. p. 65 ovvero a Sabaria, secondo Vittore. Il Sig. Hume supponendo che la nascita e la dignità di Severo fossero troppo inferiori alla corona imperiale, e ch’egli marciasse in Italia solamente come Generale, non ha considerato questo avvenimento con la sua solita accuratezza (Saggio sul patto originale).
  3. Velleio Pater. l. 1I c. III. Partendo dalle più prossime frontiere della Pannonia, conveniva fare una marcia di 200 miglia per giungere a Roma.