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tirò delle linee intorno ai sobborghi; e si fortificò perfino nel palazzo, come se fosse stato possibile, senz’alcuna speranza di soccorso, di difendere queste ultime trincere contro il vittorioso invasore. La vergogna e il timore ritennero in dovere i Pretoriani, ma tremavano essi al solo nome delle legioni della Pannonia, comandate da un Generale sperimentato ed avvezzo a vincere i Barbari sul gelato Danubio1. Lasciavano essi sospirando i bagni ed i teatri per prender quelle armi che non sapean quasi più maneggiare, e sotto il cui peso parevano oppressi. Gl’indocili elefanti, il cui terribile aspetto si sperava che dovesse intimorire le armate del Settentrione, gettavano in terra i condottieri mal pratici. Le evoluzioni degl’inesperti soldati di marina, tratti dalla flotta di Miseno, erano oggetto di riso per la plebaglia, mentre il Senato vedeva con secreto piacere le angustie e la debolezza dell’usurpatore2.

Ogni moto di Giuliano manifestava la sua timorosa incertezza. Ora insisteva presso il Senato, che dichiarasse Severo nemico della patria; ora desiderava che il Generale della Pannonia fosse associato all’Impero; ora mandava pubblici ambasciatori di grado consolare per trattare con il rivale; ed ora spediva dei secreti assassini per ucciderlo. Ordinò alle Vestali, ed a tutti i collegi dei Sacerdoti che co’ loro abiti di cerimonia, e portando innanzi i sacri pegni della religione roma-

  1. Non è questa una puerile figura di rettorica, ma una allusione ad un fatto reale rammentato da Dione, l. 1XXI p. 1181. È probabile che più di una volta accadesse.
  2. Dione l. 1XXIII p. 1203. Erodiano l. 1I p. 81. Non v’ha prova più sicura dell’abilità militare dei Romani, che l’aver essi prima superato il vano terrore, e dipoi sprezzato l’uso degli elefanti nella guerra.