Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/311

Da Wikisource.
274 storia della decadenza

stacolo inaspettato alle armi di Massimino. Finalmente sopra un ponte di larghe botti, singolarmente costruito con arte e difficoltà, trasportò la sua armata all’altra riva, svelse tutte le belle vigne delle vicinanze di Aquileia, demolì i sobborghi, e si servì di quei materiali per le macchine e per le torri, con le quali assalì la città da ogni parte. Le mura, quasi rovinate nella sicurezza di una lunga pace, erano state in fretta ristaurate in quel subito frangente; ma la più salda difesa di Aquileia stava nella costanza de’ suoi cittadini, i quali tutti erano animati, anzichè atterriti, dall’estremo pericolo e dalla cognizione dell’inesorabile indole del tiranno. Il loro coraggio era sostenuto e regolato da Crispino e da Menofilo, due dei venti Luogotenenti del Senato, i quali con un piccolo corpo di truppe regolari si erano gettati nella piazza assediata. L’esercito di Massimino fu rispinto in diversi attacchi, le sue macchine distrutte dai fuochi di artifizio, ed il generoso entusiasmo degli abitanti si cambiò in confidenza di buon successo per l’opinione che Beleno, loro nume tutelare, combattesse personalmente in difesa de’ suoi miseri adoratori angustiati1.

    piuttosto la primavera che la state. Sono queste le diverse correnti che insieme unite formano il Timavo, di cui Virgilio ci ha data una descrizione tanto poetica, prendendo questa parola in tutta la sua estensione. Le loro acque scorrono a dodici miglia in circa a levante di Aquileia, Vedi Cluverio Italia Antiq. tom. I p. 189.

  1. Erodiano l. VIII p. 272. La divinità Celtica fu supposta essere Apollo, e sotto questo nome gli rendè grazie il Senato. Si fabbricò ancora un tempio a Venere Calva per eternare la gloria delle donne di Aquileia, le quali aveano in quell’assedio generosamente sacrificati i loro capelli, per farne corde ad uso delle macchine di guerra.