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Impero dovea, per vero dire, degenerare in una rappresentanza teatrale; ma era almeno una commedia ben degna della presenza sovrana, e che potea talvolta imprimere nella mente di un Principe giovane una lezione salutevole.

Se avesse Zoroastro in tutte le sue istituzioni sostenuto invariabilmente questo sublime carattere, il suo nome ben si starebbe accanto a quelli di Numa e di Confucio, ed il suo sistema meriterebbe giustamente tutti gli applausi, che alcuni tra i nostri teologi, e tra i filosofi ancora si sono compiaciuti di dargli. Ma in quella mista composizione, dettata dalla ragione e dalla passione, dall’entusiasmo e dai motivi personali, alcune verità utili e sublimi sono degradate da un mescuglio della più vile e pericolosa superstizione. I Magi, o sia l’ordine sacerdotale, erano numerosissimi, giacchè (come abbiam di sopra osservato) ottantamila se ne adunarono in un concilio generale. Le loro forze si accrebbero con la disciplina. Fu stabilita in tutte le province della Persia una regolare gerarchia; e l’Arcimago dio risedeva a Balch, era rispettato come il capo visibile della chiesa, ed il legittimo successore di Zoroastro1. Era considerabile il patrimonio dei Magi. Oltre al meno invidiabil possesso di un largo tratto delle terre più fertili della Media2, levavano una tassa generale su i beni e sull’industria dei Persia-

  1. Detto cap. 28. Hide e Prideaux affettano di applicare alla gerarchia dei Magi i termini consacrati alla cristiana.
  2. Ammiano Marcellino, XXIII 6 ci informa (per quanto se gli può prestar fede) di due curiose particolarità: I. che i Magi dovevano alcune delle più segrete loro dottrine a’ Bracmani dell’India; II. ch’essi erano una tribù o sia famiglia, ugualmente che un ordine.