Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/394

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dell'impero romano cap. x. 357

dell’Italia, i Goti, in possesso di una grandezza presente, contemplarono con natural piacere il prospetto della passata e della futura lor gloria. Essi desiderarono di conservare la memoria dei loro antenati, e di trasmettere alla posterità quella delle loro proprie imprese. Il principale ministro della Corte di Ravenna, il dotto Cassiodoro, secondò l’inclinazione dei conquistatori in una Storia gotica di dodici libri, ridotta adesso all’imperfetto compendio di Giornandes1

Questi Scrittori, passando sulle sventure della nazione con una brevità artificiosa, ne celebrarono il fortunato valore, e adornarono il di lei trionfo con molti asiatici trofei, i quali più giustamente appartenevano ai popoli della Scizia. Sulla fede di antiche canzoni (incerti, ma soli annali dei Barbari) essi derivarono la prima origine dei Goti dalla vasta isola o penisola della Scandinavia2. Non era quell’ultima contrada del Settentrione sconosciuta ai conquistatori dell’Italia; i vincoli dell’antica consanguinità furono rinvigoriti da recenti ufficj di amicizia; ed un Re della Scandinavia rinunziò volonterosamente alla sua selvaggia grandezza, per poter passare il resto de’ suoi giorni nella tranquilla e cultissima Corte di Ravenna3. Molti vestigi, da non potersi ascrivere all’artifizio di una popolar vanità, attestano l’antica residenza dei Goti nelle contrade di là dal Baltico. Dal tempo del geografo Tolomeo in poi, la parte meridionale

  1. Vedi le prefazioni di Cassiodoro e di Giornandes. È cosa sorprendente che quest’ultimo fosse omesso nell’eccellente edizione degli Scrittori goti pubblicata da Grozio.
  2. Sull’autorità di Ablavio, Giornandes cita alcune antiche croniche dei Goti in versi. De Rebus Get. c. 4.
  3. Giornandes c. 3.