Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/405

Da Wikisource.
368 storia della decadenza

vasta città1. Molti riguardevoli prigionieri accrebbero il valor del bottino, e Prisco, fratello dell’ultimo Imperatore Filippo, non arrossì di prendere la porpora sotto la protezione dei Barbari nemici di Roma2. Il tempo, per altro, da loro impiegato in quel lungo assedio, diè campo a Decio di reclutar le sue truppe, di rianimarne il coraggio, e di ristabilirne la disciplina. Tagliò diverse partite di Carpi ed altri Germani, che si affrettavano per partecipare nella vittoria dei loro concittadini3, affidò i passi dei monti ad uffiziali di una fedeltà e di un valore sperimentato4, riparò ed accrebbe le fortificazioni del Danubio, ed impiegò tutta la sua vigilanza per opporsi o all’avanzamento dei Goti, o alla loro ritirata. Incoraggiato dalla nuova fortuna, ansiosamente egli aspettava l’occasione di ristabilire con un colpo grande e decisivo la sua propria gloria, e quella delle armi romane5.

Nel tempo stesso che Decio lottava con quella furiosa tempesta, il suo spirito riflessivo e tranquillo in mezzo al tumulto della guerra, investigava le ca-

  1. Ammian. XXX. 5.
  2. Aurelio Vittore, c. 29.
  3. Victoriae Carpicae, sopra varie medaglie di Decio, indicano questi successi.
  4. Claudio (che regnò di poi con tanta gloria) si era posto al passo delle Termopili con 200 Dardani, 100 cavalli gravi e 160 leggieri, 60 arcieri cretensi, e 1000 bene armate reclute. Vedi una lettera dell’Imperatore al suo uffiziale nella Stor. Aug. p. 200.
  5. Giornandes, c. 16-18. Zosimo, l. 1 p. 22. Nella relazione generale di questa guerra è facile scoprire gli opposti pregiudizj dello Scrittore gotico e del greco. Nella trascuratezza solamente sono simili.