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la scorta di marinari forzati al servizio, la cui perizia e fedeltà erano egualmente sospette. Ma la speranza di saccheggiare aveva bandita ogni idea di pericolo, ed una naturale intrepidezza di carattere equivaleva nel loro animo a quella ragionevol confidanza, che è il giusto frutto del sapere e della esperienza. Guerrieri di animo così audace debbono ben e spesso aver mormorato contro la codardia delle loro guide, che richiedevano le più forti sicurezze di una stabile calma, prima di arrischiarsi all’imbarco, e che si sarebbero con pena lasciate indurre a perder di vista la terra. Tale almeno è l’uso dei Turchi moderni1, niente inferiori probabilmente nell’arte della navigazione agli antichi abitatori del Bosforo.

La flotta dei Goti, lasciando a sinistra la costa della Circassia, si fece per la prima volta vedere davanti Pizio2, ultimo confine delle province romane; città provveduta di un buon porto, e fortificata con salde mura. Quivi essi trovarono una resistenza più ostinata di quella che potessero aspettarsi dalla debole guarnigione di una remota fortezza. Furono essi respinti; e parve che il lor disastro diminuisse il terrore del gotico nome. Finchè Successiano, uffiziale di un grado e di un merito eminente, difese quella frontiera, inutili riuscirono tutti i loro sforzi: ma appena fu egli trasferito da Valeriano in un più onorevole, ma meno importante posto, ricominciarono essi l’assedio di Pizio,

  1. Vedi una descrizione molto naturale della navigazione dell’Eusino nella XVI lettera di Tournefort.
  2. Arriano pone la guarnigione di frontiera a Dioscurias, o Sebastopoli, quarantaquattro miglia all’oriente di Pizio. La guarnigione di Fasi era al suo tempo composta di soli quattrocento pedoni. Vedi il Periplo dell’Eusino.