Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/93

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vano il pubblico, o mostravano qualche personale talento, erano premiati con una ricompensa, il cui valsente andò continuamente diminuendo con l’accrescersi della liberalità degl’Imperatori. Per altro, anche nel secolo degli Antonini, quando la cittadinanza era stata largita alla maggior parte dei sudditi, era questa sempre accompagnata da vantaggi assai solidi. La massa del popolo acquistava con tal titolo il benefizio delle leggi romane, particolarmente negli interessanti articoli di matrimonio, di testamenti e di eredità; e la strada della fortuna rimaneva aperta a coloro, le cui pretensioni erano secondate dal favore o dal merito. I nipoti dei Galli, che aveano assediato Giulio Cesare in Alesia, comandavano le legioni, governavano le province, ed erano ammessi nel Senato di Roma1. La loro ambizione, in cambio di disturbare la tranquillità dello Stato, era intimamente connessa con la sua salvezza e grandezza.

I Romani eran così persuasi dell’influenza della lingua su i costumi nazionali, che la più seria lor cura fu di estendere col progresso delle loro armi l’uso della lingua latina2. Gli antichi dialetti dell’Italia, il Sabino, l’Etrusco ed il Veneto caddero in obblio; ma nelle province l’Oriente fu men docile dell’Occidente alla voce dei suoi vittoriosi maestri. Questa differenza distingueva le due porzioni dell’Impero con una diversità di colori, la quale sebbene fu in qualche parte nascosta, durante il chiaro splendore di prosperità, divenne più visibile a misura che le ombre del-

  1. Tacito annal. XI 2 24 Stor. IV 74.
  2. Plinio Stor. Nat. III 5, S. Agostino De Civitate Dei XIX 7, Giusto Lipsio De pronunciatione linguae latinae. c. 3.