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124 | storia della decadenza |
erano stati spopolati dalle calamità della guerra. Furono essi utilmente impiegati come pastori ed agricoltori; ma non fu ad essi permesso l’esercizio dell’armi, se non quando fu creduto espediente di arrolarli nelle milizie. Nè ricusarono gli Imperatori di dare, con un titolo meno servile, delle terre in proprietà a quelli tra i Barbari, che domandarono la protezione di Roma. Essi accordarono uno stabilimento a diverse colonie dei Carpi, dei Bastarni e dei Sarmati; e con pericolosa compiacenza permisero loro in qualche modo di conservare i nazionali costumi e l’indipendenza1. Fu per li Provinciali un soggetto di lusinghiera letizia, che i Barbari, recentissimi oggetti di terrore, coltivassero allora i loro terreni, conducessero il lor bestiame alla vicina fiera, e contribuissero colle loro fatiche alla pubblica abbondanza. Si rallegrarono essi coi loro Sovrani del possente accrescimento di sudditi e dei soldati, ma si scordarono di osservare, che si introduceva nel cuor dell’Impero2 una moltitudine di secreti nemici, cui rendeva il favore insolenti, o l’oppressione disperati.
Mentre i Cesari esercitavano il loro valore sulle rive del Reno o del Danubio, la presenza degl’Imperatori
- ↑ Eravi uno stabilimento di Sarmati nelle vicinanze di Treveri, che sembra essere stato abbandonato da quei neghittosi Barbari. Auson. ne parla in Mosel.
Unde iter ingredieus nemorosa per avia solum,
Et nulla humani spectans vestigia, cultus
. . . . . . . . . . . . . . . . .
Arvaque Sauromatum nuper metata colonis - ↑ Vedi le congratulazioni di Eumenio, scritte in istile di Retore. Panegyr. VII. 9.