Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/140

Da Wikisource.
134 storia della decadenza

guerra civile presto terminata o con una vittoria o con una riconciliazione; e Narsete, universalmente riconosciuto Re della Persia, rivolse tutte le sue forze contro il nemico straniero. La contesa si fece allora troppo ineguale, nè il valor dell’Eroe poteva resistere alla possanza del Monarca. Tiridate, scacciato per la seconda volta dal trono dell’Armenia, si rifuggì di nuovo nella Corte degl’Imperatori. Narsete ristabilì ben tosto la sua autorità nella ribellata Provincia, ed altamente lagnandosi della protezione largita dai Romani ai ribelli ed ai fuggitivi, aspirò alla conquista dell’Oriente1.

Nè la prudenza nè l’onore permettevano agli Imperatori di abbandonare la causa del Re dell’Armenia e fu risoluto di mostrare la forza dell’Impero nella guerra Persiana. Diocleziano con quella ferma dignità, che egli costantemente assumeva, piantò la sua sede in Antiochia, donde preparava o dirigeva le militari operazioni2. Fu il comando delle legioni affidato all’intrepido valore di Galerio, il quale per quell’importante disegno fu richiamato dalle rive del Danubio a quelle dell’Eufrate. S’incontrarono ben tosto gli eserciti nelle pianure della Mesopotamia, e due battaglie seguirono con vario e dubbio successo, ma più decisivo fu il

  1. Mosè di Corene tralascia affatto questa seconda rivoluzione che io sono stato costretto a ricavare da un passo di Ammiano Marcellino (l. XXIII. 5). Lattanzio parla dell’ambizione di Narsete "Concitatus domesticis exemplis avi sui Saporis ad occupandum Orientem magnis copiis inhiabat". De Mort. Persecut. c. 9.
  2. Possiamo fermamente credere, che Lattanzio ascrive a codardia la condotta di Diocleziano. Giuliano nella sua orazione dice, che egli rimase con tutte le forze dell’Impero; frase molto iperbolica