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dell'impero romano cap. xiv. | 199 |
l’entrata, la disperazione la diminuiva: una parte considerabile del territorio di Autun fu lasciata inculta; ed un gran numero di provinciali scelsero di viver come esuli e proscritti, piuttosto che sostenere il peso della civil società. È ancora molto probabile che il clemente Imperatore sollevasse con un atto particolare di generosità uno di quei tanti mali, che egli avea cagionati con le sue generali massime di governo. Ma quelle massime ancora erano piuttosto effetti della necessità che della scelta. Ed ove si eccettui la morte di Massimiano, sembra che il regno di Costantino nella Gallia fosse l’epoca più innocente e più virtuosa ancora della sua vita. Furono le province della sua presenza dilese contro le irruzioni dei Barbari, i quali o ne temerono o ne provarono l’attivo valore. Dopo una segnalata vittoria riportata contro i Franchi e gli Alemanni, furono molti dei loro Principi per suo ordine esposti alle fiere nell’anfiteatro di Treveri; e pare che il popolo godesse dello spettacolo, senza trovare in quel trattamento dei prigionieri reali cosa alcuna che ripugnasse alle leggi delle nazioni o dell’umanità1.
I vizi di Massenzio rendevano più illustri le virtù di Costantino. Mentre le Galliche Province godevano tutta quella felicità che permettevano le circostanze di quei tempi, l’Italia e l’Affrica gemevano sotto il dominio di un dispregevole non men che odioso Tiranno. L’amor dell’adulazione e del partito ha per dir vero troppo sovente sacrificata la riputazione dei vinti alla gloria dei loro fortunati rivali; ma quegli scrittori an-
- ↑ Eutrop. X. 3. Paneg. Vet. VII. 10, 11, 12. Furono in simil guisa esposti molti giovani Franchi alla stessa crudele ed ignominiosa morte.