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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/302

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296 storia della decadenza

tendevano usando la massima integrità, ed il più onesto contegno, per togliere ogni sospetto, che i profani son troppo disposti a concepire contro le apparente di santità. Il disprezzo del mondo gli abituava negli esercizi di umiltà, di mansuetudine e di pazienza. Quanto più erano perseguitati, tanto più strettamente si univano fra loro. La mutua lor carità, e non sospetta confidenza aveva dato nell’occhio agl’infedeli, e bene spesso ne abusarono i loro perfidi amici1.

Una circostanza, che fa molto onore alla morale de’ primi Cristiani, è che le stesse mancanze loro, anzi gli errori, nascevano da un eccesso di virtù. I Vescovi e Dottori della Chiesa, che fanno testimonianza delle professioni, de’ principj, ed anche della pratica de’ loro contemporanei, sopra i quali esercitava grand’influenza la loro autorità, avevano studiate lo scritture con meno perizia, che devozione, e spesso prendevano nel senso il più letterale que’ rigidi precetti di Cristo e degli Apostoli, a’ quali ha la prudenza de’ più moderni commentatori applicato una più libera o figurata maniera d’interpretamento. Ambizioni d’esaltare la perfezione dell’Evangelio sopra la saviezza della filosofia, gli zelanti Padri hanno spinto i doveri della mortificazione di se stesso, della purità e della pazienza fino ad un grado, al quale appena è possibile di giungere, e molto meno di perseverarvi nel presente stato di debolezza e di corruzione in cui siamo. Una dottrina così straordinaria e sublime si dee render senza dubbio venerabile al popolo; ma era mal acconcia ad ottener l’ap-

  1. Il filosofo Pellegrino (della vita, e morte del quale ci ha lasciato Luciano un piacevol racconto) imposturò per lungo tempo la credula semplicità de’ Cristiani dell’Asia.