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318 storia della decadenza

società comune1. Nessuna cosa, quantunque tenue si ricusava; ma premurosamente inculcavasi che rispetto alle decime la legge Mosaica era sempre di obbligazione divina; che essendo stato comandato agli Ebrei, sotto una disciplina meno perfetta, di pagare la decima parte di tutto ciò che possedevano, era ben conveniente che i discepoli di Cristo si distinguessero con una maggior liberalità2, ed acquistassero qualche merito col privarsi di un bene superfluo, che sì presto dovevasi annichilare insieme col mondo3. Egli è quasi superfluo l’osservare, ch’essendo l’entrata d ogni Chiesa particolare così fluttuante ed incerta, debb’essere stata varia secondo la povertà, o l’opulenza de fedeli, e secondo che si trovavano dispersi in oscuri villaggi, od uniti nelle grandi Città dell’Impero. Nel tempo dell’Imperator Decio era opinione de’ Magistrati, che i Cristiani di Roma, possedessero grandi ricchezze, che si usassero nel loro culto religioso vasi d’oro o d’argento, e che molti fra’

  1. Giustino Mart. Apolog. Magg. c. 89. Tertull. Apol. c. 39.
  2. Iren. adv. haereses l. IV. c. 27, 34, Origen. in Num. hom. II. Ciprian. de unitat. Ecles. Constitut. Apostol. (l. II. c. 34, 35) colle note del Cotelerio. Dalle Costituzioni s’introduce questo precetto divino, dichiarando, che i Preti son tanto superiori ai Re, quanto l’anima è più eccellente del corpo. Fra i generi sottoposti alla decima, esse contano il grano, il vino, l’olio, e la lana. Si consulti su questo interessante soggetto l’Istoria delle Decime di Prideaux, e Fra Paolo delle materie Beneficiarie, scrittori di carattere molto diverso fra loro.
  3. La medesima opinione, la quale prevalse anche verso l’anno mille, produsse i medesimi effetti. Molte donazioni portano espresso questo loro motivo „appropinquante mundi fine„. Vedi Mosem. Istor. Generale della Chiesa vol. I. p. 457.