Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/49

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dell'impero romano cap. xi. 43

bidienza di Roma quelle Province, che fino dalla prigionia di Valeriano se n’eran sottratte.

Quando la Regina della Siria fu condotta alla presenza di Aureliano, questi le domandò fieramente, come avesse preteso di armarsi contro gl’Imperatori di Roma? La risposta di Zenobia fu una prudente mescolanza di rispetto e di fermezza. „Perché io sdegnava di riguardare un Aureolo, ed un Gallieno come Imperatori Romani. Riconosco voi solo per mio vincitore e Sovrano1„. Ma siccome la fortezza nelle femmine è comunemente artificiale, così rare volte è stabile e consistente. Il coraggio di Zenobia la abbandonò nell’ora del cimento, ella tremò ai rabbiosi clamori de’ soldati, che alto chiedevan l’immediata sua morte, obbliò la generosa disperazione di Cleopatra, che si era proposta per suo modello, ed ignominiosamente comprò la vita col sacrifizio della sua fama e dei suoi amici. Ai loro consigli, che governavano la debolezza del suo sesso, essa imputò la colpa dell’ostinata sua resistenza, e sopra le loro teste cader fece la vendetta del crudele Aureliano. La fama di Longino, che fu incluso tra le numerose, e forse innocenti vittime del di lei timore, sopravviverà a quella della Regina, che lo tradì, o del tiranno che lo condannò. La dottrina e l’ingegno erano incapaci di muovere un feroce ed ignorante soldato, ma aveano servito ad elevare ed armonizzare l’animo di Longino. Senza mandare un gemito, seguì egli tranquillamente il carnefice, compiangendo la sua infelice Sovrana, e consolando gli afflitti suoi amici2.

  1. Pollione nella Stor. Aug. p. 299.
  2. Vopisco nella Stor. Aug. p. 219. Zosimo, l. I. p. 51.