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dell'impero romano cap xvi. | 91 |
Poichè l’editto contro i Cristiani destinavasi a formare una legge universale di tutto l’Impero, e poichè Diocleziano e Galerio, quantunque non aspettassero il consenso de’ Principi occidentali, eran sicuri però che ancor essi vi avrebber concorso, parrebbe più conforme alle idee che abbiamo di politica, che i Governatori di tutte le Province avesser ricevuto istruzioni segrete per pubblicar nel medesimo giorno questa dichiarazione di guerra ne’ rispettivi loro dipartimenti. Almeno era da aspettarsi che la facilità dello pubbliche strade e delle poste, già stabilite, avesse posto in grado gl’Imperatori di trasmettere con la massima celerità i loro ordini dal palazzo di Nicomedia all’estremità del Mondo Romano; e ch’essi non avrebber sofferto, che passassero cinquanta giorni avanti che fosse pubblicato l’editto nella Siria, e quasi quattro mesi prima che fosse notificato alle città dell’Affrica1. Questa dilazione deve attribuirsi per avventura alla cauta indole di Diocleziano, che aveva contro voglia dato l’assenso alla persecuzione, e che desiderava di vederne una prova sotto i propri occhi, avanti di dar luogo a’ disordini ed al disgusto, che inevitabilmente dovea cagionare nelle distanti Province. A principio, in vero, fu proibito a’ Magistrati lo spargimento del sangue; ma fu permesso, ed anche raccomandato allo zelo di essi l’uso di ogni altra sorta di severità; nè i Cristiani, quantunque di buona voglia cedessero gli ornamenti delle lor Chiese, potevano indursi ad interrompere le religiose loro adunanze o a dare i loro libri sacri alle fiamme. Pare che la devota ostinazione di Felice, Vescovo Affricano, imbarazzasse i Ministri subalterni del
- ↑ Tillemont Memoir. Eccl. Tom. V. Part. 1. p. 43.