Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/13

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dell'impero romano cap. xx 9

la regolar consultazione degli Aruspici1. Mentre stava tuttavia sospesa quest’importante rivoluzione, i Cristiani ed i Pagani spiavano la condotta del loro Sovrano colla medesima ansietà, ma con sentimenti del tutto contrari. I primi eran mossi da ogni motivo di zelo, non men che di vanità, ad esagerare i segni del suo favore, e le prove della sua fede. Gli altri, finattanto che i loro giusti timori non furon cangiati in disperazione ed in isdegno, procuravano di nascondere al Mondo ed a loro medesimi, che gli Dei di Roma non contavan più l’Imperatore nel numero dei loro devoti. Le stesse passioni e gli stessi pregiudizi hanno impegnato gli scrittori parziali di varj tempi ad unire la pubblica professione del Cristianesimo colla più gloriosa o colla più ignominiosa epoca del regno di Costantino.

Per quanto si potessero scorgere ne’ discorsi o nelle azioni di Costantino sintomi di cristiana pietà, ciò nonostante perseverò egli fino all’età di quasi quarant’anni nella pratica della religione stabilita2; e quella stessa condotta, che nella Corte di Nicomedia

    stin. (Lib. III. Tit. XII. leg. III). Costantino chiama la Domenica dies Solis; nome, che non poteva offender le orecchie de’ suoi sudditi Pagani.

  1. Cod. Theodos. (lib. XVI. Tit. X. leg. I). Il Gottofredo, come comentatore, procura di scusare (Tom. VI. p. 257.) Costantino; ma il Baronio più zelante (Annal. Eccles, an. 521. n. 18.) critica con verità ed asprezza il profano contegno di lui.
  2. Sembra che Teodoreto (l. I. c. 18) voglia far credere, ch’Elena desse al suo figlio un’educazione Cristiana; ma la superiore autorità d’Eusebio può assicurarci (in vita Const. l. III. c. 47), ch’ella medesima fu debitrice della cognizione del Cristianesimo a Costantino.