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deltà del servile suo regno. L’esecuzioni di Paolo e d’Apodemio (il primo de’ quali fu bruciato vivo) si riceveron come una non adeguata espiazione dalle vedove e dagli orfani di tante centinaia di Romani, che que’ legali tiranni avevan traditi e posti a morte. Ma la giustizia medesima (se è permesso d’usare la patetica espressione d’Ammiano1), parve che piangesse il fato d’Ursulo, tesorier dell’Impero, ed il suo sangue accusò l’ingratitudine di Giuliano, di cui si eran opportunamente sollevate le strettezze dall’intrepida liberalità di quell’onesto ministro. Il furor dei soldati, che egli aveva irritati con la sua indiscretezza, fu la causa e la scusa della sua morte, e l’Imperatore, profondamente colpito da’ propri rimorsi e da quelli del pubblico, diede qualche conforto alla famiglia d’Ursulo, mediante la restituzione de’ confiscati suoi beni. Avanti la fine dell’anno, in cui vennero decorati delle insegne della Pretura e del Consolato2, Tauro e Florenzio ridotti furono ad implorar la clemenza dell’inesorabil tribunale di Calcedonia. Il primo fu bandito a Vercelli in Italia, e contro il secondo fu pronunziata sentenza di morte. Un Principe saggio avrebbe premiato il delitto di Tauro. Il fedel ministro, quando non fu più capace d’opporsi al progresso d’un ribelle, erasi rifuggito nella

  1. Ursuli vero necem ipsa mihi videtur flesse justitia. Libanio, che attribuisce tal morte a’ soldati, tenta di accusare anche il Conte delle largizioni.
  2. Si conservava sempre tal venerazione per li rispettabili nomi della repubblica, che il Pubblico fu sorpreso, e scandalizzato nell’udir Tauro, citato come reo, sotto il consolato di Tauro. La citazione del collega Florenzio probabilmente fu differita fino al principio dell’anno seguente.