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aveva egli acquistato un’intima cognizione sì grande de’ celesti suoi ospiti, che facilmente distingueva la voce di Giove da quella di Minerva, e la figura di Apollo da quella d’Ercole1. Tali visioni, o nel sonno o nella vigilia, che sono gli effetti ordinari dell’astinenza e del fanatismo, abbasserebbero quasi l’Imperatore al livello d’un monaco Egizio. Ma le inutili vite d’Antonio e di Panomio si consumarono in queste vane occupazioni, laddove Giuliano potea dal sogno della superstizione passare ad armarsi per la battaglia, e dopo aver vinto in campo i nemici di Roma, tranquillamente ritirarsi nella sua tenda a dettare savie e salutari leggi a un Impero, od a secondare il suo genio in eleganti ricerche di letteratura e di filosofia.

L’importante segreto dell’apostasia di Giuliano era affidato alla fedeltà degl’iniziati, co’ quali era egli unito pe’ sacri vincoli dell’amicizia e della religione2. Cautamente spargevasi questo piacevol rumore fra’ seguaci dell’antico culto, e la futura grandezza di lui divenne l’oggetto delle speranze, delle preghiere e delle predizioni de’ Pagani in ogni Provincia dell’Impero. Dallo zelo e dalle virtù del loro reale proselito, essi

  1. La modestia di Giuliano limitossi ad oscuri ed accidentali cenni; ma Libanio distendesi con piacere ne’ digiuni e nelle visioni del religioso eroe. Legat. ad Julian. p. 157 e Orat. parent. c. 85. p. 309, 310.
  2. Libanio Orat. parent. c. 10. p. 233, 234. Gallo aveva qualche motivo di sospettare dell’apostasia segreta di suo fratello, ed in una lettera, che può ammettersi per genuina, esorta Giuliano ad aderire alla religione de’ loro Maggiori. Questo era un argomento, che, per quanto sembra, non calzava ancora perfettamente. Vedi Giuliano Op. p. 454 ed Hist. de Jovien. Tom, II. p. 141.