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254 | storia della decadenza |
divano d’impegnarsi in una disputa disuguale, trassero dalle popolari opere del loro Imperial Missionario un inesausto sussidio di fallaci obbiezioni. Ma nel continuo proseguimento di tali teologici studj, l’Imperator de’ Romani contrasse gl’illiberali pregiudizi e le passioni d’un teologo polemico. Si credè irrevocabilmente obbligato a sostenere e propagare le sue religiose opinioni; e nel tempo stesso che segretamente applaudiva la forza e destrezza con cui maneggiava le armi della controversia, era tentato a diffidare della sincerità, o a disprezzare l’ingegno dei suoi antagonisti, che ostinatamente resistevano alla forza della ragione e dell’eloquenza.
I Cristiani, che vedevano con orrore e con isdegno l’apostasia di Giuliano, avevano molto più a temere dalla sua potenza che da’ suoi argomenti. I Pagani, che erano consapevoli del fervente suo zelo, aspettavano forse con impazienza, che immediatamente s’accendesser le fiamme della persecuzione contro i nemici degli Dei; e che l’ingegnosa malizia di Giuliano inventasse crudeli e raffinate maniere di morti e di tormenti, che non si fosser conosciute dal rozzo ed inesperto furore de’ suoi predecessori. Ma, in apparenza, deluse rimasero le speranze ugualmente che i timori delle religiose fazioni, dalla prudente umanità di un Principe1, che aveva a cuore la sua fama, la pubblica pace e i diritti del genere umano. Istruito dall’istoria e dalla ri-
- ↑ Libanio (Orat. parent. c. 58. p. 283, 284) ha eloquentemente spiegato i principj tolleranti e la condotta dell’Imperiale suo amico, e Giuliano stesso in una molto notabile epistola al popolo di Bostra (Epist. 52) protesta la sua moderazione, e tradisce il suo zelo, ch’è riconosciuto da Ammiano, ed esposto da Gregorio (Orat. III p. 72).