Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/27

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dell'impero romano cap. xx 23

sraeliti pel Giordano, e gettato a terra lo mura di Gerico al suono delle trombe di Giosuè, avrebbe mostrato la visibile sua maestà e potenza nella vittoria di Costantino. L’istoria ecclesiastica è pronta a far fede, che furon giustificate le loro speranze da quel cospicuo miracolo, al quale si è quasi concordemente attribuita la conversione del primo Imperatore Cristiano. La causa reale o immaginaria d’un fatto così importante merita ed esige l’attenzione della posterità; ed io procurerò di formare una giusta idea della famosa visione di Costantino, mediante un distinto esame dello stendardo, del sogno, e del segno celeste, separando fra loro le parti istoriche, naturali, e maravigliose di questo racconto straordinario, le quali artificiosamente si sono confuse por comporne la splendida e fragile mole di uno specioso argomento.

I. Un istrumento, che serviva per tormentare solamente gli schiavi e gli stranieri, era un oggetto d’orrore agli occhi d’un cittadino Romano; ed erano intimamente connesse coll’idea della croce l’idee di delitto, di pena e d’ignominia1. La divozione piuttosto che la clemenza di Costantino abolì ben presto nei suoi dominj quella pena, che s’era compiaciuto di sof-

  1. Nomen ipsum crucis absit non modo a corpore civium Romanorum, sed etiam a cogitatione, oculis, auribus: Cicer. pro Rabirio c. 5. Gli scrittori Cristiani, Giustino, Minucio Felice, Tertulliano, Girolamo, e Massimo di Torino hanno investigato con passabil successo la figura o la somiglianza della croce in quasi tutti gli oggetti della natura, o dell’arte; nell’intersezione per esempio del meridiano coll’equatore, nella faccia umana, nell’uccello che vola, nell’uomo che nuota, nell’albero coll’antenna della nave, nell’aratro, nello stendardo ec. Vedi Lipsio de cruce. (l. I. c. 9).