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268 | storia della decadenza |
fatti egli è più che probabile, che la restaurazione e l’incoraggiamento del Paganesimo dovesse scoprire una moltitudine di pretesi Cristiani, i quali per motivi di vantaggi temporali aveano aderito alla religione del precedente regno; e che dopo, con la medesima flessibilità di coscienza, tornarono alla fede professata da’ successori di Giuliano.
Mentre il dovuto Monarca continuamente s’affaticava a restaurare e propagar la religione de’ suoi antenati, concepì lo straordinario disegno di rifabbricare il tempio di Gerusalemme. In una pubblica lettera1 alla nazione o comunità degli Ebrei, dispersi per le Province, compassiona le loro disgrazie, ne condanna gli oppressori, ne loda la costanza, si dichiara grazioso lor protettore, ed esprime una pia speranza, che dopo il ritorno dalla guerra Persiana gli sarà permesso di tributare i suoi voti all’Onnipotente nella santa sua città di Gerusalemme. La cieca superstizione e l’abbietta servitù di que’ miserabili esuli avrebbe dovuto eccitare il disprezzo d’un filosofo Imperatore; ma essi meritarono l’amicizia di Giuliano pel loro implacabil odio al nome di Cristo. La sterile sinagoga abborriva ed invidiava la fecondità della ri-
- ↑ La lettera XXV di Giuliano è indirizzata alla comunità degli Ebrei. Aldo (Venet. 1499) l’ha notata con un ει γνησιον, se genuina; ma di tal taccia è stata giustamente liberata da’ seguenti Editori Petavio e Spanemio. Fa menzione di questa lettera Sozomeno (l. V. c. 22) ed il senso di essa vien confermato da Gregorio (Orat. IV. p. 111) e da Giuliano medesimo (Fragmen. p. 295).
ορνουμαι πλουτον ανηλωσται μεγαν; per tale ardore nego essersi spese grandi somme. Il sofista confessa e giustifica la spesa di queste militari conversioni.