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vi si celebravano a spese della città i giuochi Olimpici; ed ogni anno s’impiegava pel pubblico piacere un’entrata di trentamila zecchini1. Il perpetuo concorso di pellegrini e di spettatori formò insensibilmente nelle vicinanze del tempio il magnifico e popolato villaggio di Dafne, ch’emulava lo splendore senz’avere il titolo d’una città provinciale. Il tempio ed il villaggio eran situati nel fondo d’un folto bosco di lauri e di cipressi, che aveva una circonferenza di dieci miglia, e nella più calda state formava una fresca ed impenetrabile ombra. Mille rivi dell’acqua più pura, scorrendo giù da più colli, conservavano il verde della terra e la temperatura dell’aria; i sensi venivano allettati con armoniosi suoni ed aromatici odori; ed il quieto bosco era consacrato alla comodità, al piacere, ed all’amore. Il vigoroso giovane come Apollo seguitava l’oggetto de’ suoi desiderj, e la rubiconda fanciulla era avvertita dal destino di Dafne a fuggir la follia d’una inopportuna durezza. Dal soldato e dal filosofo prudentemente evitavasi la tentazione di questo sensual paradiso2, dove il piacere, prendendo il carattere di religione, insensibilmente rilassava la fermezza della virile virtù. Ma i boschi di Dafne continuarono per molti secoli a godere la ve-

  1. Quindici talenti d’oro, lasciati da Sosibio, che morì al tempo d’Augusto. Si riferiscono i meriti teatrali delle città della Siria nel secolo di Costantino nell’Expositio totius mundi p. 6. (Hudson Geogr. min. Tom. III.).
  2. Avidio Cassio Syriacas legiones dedi luxuria diffluentes, et Daphnicis moribus. Queste sono le parole dell’Imperatore Marco Antonino in una lettera originale conservataci dal suo Biografo (in Hist. Aug. p. 41). Cassio licenziò o punì ogni soldato che fosse veduto a Dafne.