Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/315

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dell'impero romano cap. xxiv. 311

il cuore ed a scrutinare i motivi delle azioni1. Alessandro, e Cesare, Augusto, Traiano e Costantino confessarono con rossore, che l’importante argomento de’ loro travagli era stato la fama, la potenza o il piacere: ma gli Dei medesimi risguardarono con rispetto ed amore un virtuoso mortale, che sul trono avea posto in pratica gl’insegnamenti della filosofia, e che nello stato dell’imperfezione umana aveva aspirato ad imitare i morali attributi della Divinità. Il grado dell’Autore fa crescer di pregio questa piacevole opera (i Cesari di Giuliano). Un Principe, che dipinge con libertà i vizi e le virtù de’ suoi predecessori, sottoscrive ad ogni verso la censura o l’approvazione della propria condotta.

Ne’ freddi momenti della riflessione, Giuliano anteponeva ad ogni cosa le utili e benefiche virtù d’Antonino; ma l’ambizioso suo spirito era infiammato dalla gloria d’Alessandro; ed egli desiderava, con uguale ardore, la stima de’ savi e l’applauso della moltitudine. In quel tratto della vita umana, in cui le facoltà della mente e del corpo godono il vigore più attivo, l’Imperatore, istruito dall’esperienza ed animato dal buon successo della guerra Germanica, risolvè di segnalare il suo regno con qualche più splendida e memorabile impresa. Gli Ambasciatori dell’Oriente, fino dal Continente dell’India e dall’Isola di Ceilan2 avean sa-

  1. Giuliano era segretamente inclinato a preferire un Greco a un Romano. Ma quando seriamente confrontava un Eroe con un filosofo, sentiva che il genere umano aveva obbligazioni molto maggiori a Socrate che ad Alessandro: Orat. ad Themist. p. 264.
  2. Inde nationibus Indicis certatim cum donis Optima-