Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/336

Da Wikisource.
332 storia della decadenza

erasi rifuggito all’ospital Corte di Costantino Magno. A principio eccitò egli la compassione, ed in seguito acquistò la stima dei suoi nuovi Signori. Il valore e la fedeltà l’innalzarono agli onori militari del Romano Impero; e quantunque Cristiano, esso nutriva il segreto piacere di convincer l’ingrata sua patria, che un suddito oppresso può divenire il più pericoloso nemico. Tal era la disposizione delle tre principali colonne. La fronte ed i fianchi dell’esercito venivano coperti da Luciliano con un corpo volante di mille cinquecento soldati di leggiera armatura, l’attiva vigilanza dei quali osservava i segni più remoti, e portava le più opportune notizie d’ogni avvicinamento nemico. Dagalaifo e Secondino, Duce d’Osroena, comandavan le truppe della retroguardia, il bagaglio marciava con sicurezza negli intervalli delle colonne; e le file, o sia per uso, o per ostentazione, eran disposte in tal ordine, che tutta la linea della marcia estendeva a quasi dieci miglia. L’ordinario posto di Giuliano era alla testa della colonna centrale; ma siccome esso preferiva i doveri di Generale allo stato di Monarca, rapidamente correva, con una piccola scorta di cavalleggieri, alla fronte, alla retroguardia, a’ fianchi, e dovunque la sua presenza poteva animare o proteggere le mosse dell’armata Romana. Il paese, che traversarono dal Cabora fino alle terre coltivate dell’Assiria, può considerarsi come una parte del deserto dell’Arabia, vale a dire un arido e nudo terreno, che non potè mai coltivarsi dalle arti più efficaci dell’umana industria. Giuliano marciò sulla medesima strada, che era stata fatta intorno a settecento anni prima da Ciro il Giovane, e che vien descritta dal saggio ed eroico Senofonte, uno dei compagni