Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/368

Da Wikisource.
364 storia della decadenza

di poter giungere alle frontiere dell’Impero dovessero tutti perire o di fame, o per lo mani de’ Barbari1.

Mentre Giuliano combatteva con le difficoltà quasi insuperabili della sua situazione, impiegava sempre le quiete ore della notte nello studio o nella contemplazione. Ogni volta che chiudeva gli occhi in brevi ed interrotti sonni, il suo spirito era agitato da penose inquietudini; nè dee recar maraviglia che una volta gli comparisse davanti il Genio dell’Impero, in atto di coprirsi il capo od il corno dell’Abbondanza con un funereo velo, e di lentamente ritirarsi dalla tenda Imperiale. Il Monarca balzò fuori del letto, ed uscito dalla tenda per sollevare gli stanchi suoi spiriti con la freschezza dell’aria notturna, osservò un’ignea meteora, che balenò attraverso il cielo, ed immediatamente sparì. Giuliano restò convinto d’aver veduto il minaccevole aspetto del Dio della guerra2: il consiglio degli Aruspici Toscani3, ch’ei convocò, disse tutto

  1. Ammiano XXIV. 8. XXV. 1. Zosimo lib. III. p. 184, 185, 186. Libanio Orat. parent. c. 134. 135. p. 357, 358, 359. Sembra che il Sofista d’Antiochia ignorasse la fame delle truppe.
  2. Ammiano XXV 2. Giuliano aveva giurato in un punto di passione; numquam se Marti sacra facturum XXIV. 6. Non erano infrequenti queste capricciose contese fra gli Dei e gl’insolenti loro devoti: e fino il prudente Augusto, dopo che la sua flotta ebbe fatto due volte naufragio, escluse Nettuno dagli onori delle pubbliche feste. Vedi le filosofiche Riflessioni di Hume Sagg. Vol. II. p. 418.
  3. Essi tuttavia conservavano il monopolio della vana ma lucrosa scienza della divinazione, ch’era stata inventata in Etruria, e si protestavan di trarre le cognizioni, che avevan de’ segni e degli augurj, dagli antichi libri di Tarquazio, savio Etrusco.