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dell'impero romano cap xlvii. | 103 |
zioni di fedeli s’andavan formando nella scuola persiana d’Edessa al loro idioma teologico1: studiavan esse nella versione siriaca i diecimila volumi di Teodoro di Mopsuste, e rispettavano la Fede apostolica, e il santo martirio del suo discepolo Nestorio, la persona e la lingua del quale erano sconosciute alle nazioni che abitavano al di là del Tigri. Alla prima lezione di Ibas, vescovo d’Edessa, s’impresse nell’animo loro un ribrezzo indelebile contro gli empi Egiziani, che nel lor Concilio d’Efeso aveano confuse le due Nature di Gesù Cristo. La fuga dei maestri e degli alunni, espulsi due volte dall’Atene della Siria, disperse una turba di missionari, spinti ad un tempo dallo zelo di religione, e dalla vendetta. Quella rigorosa unità sostenuta dai Monofisiti che, regnando Zenone ed Anastasio, invasi aveano i troni dell’Oriente, provocò i loro antagonisti a riconoscere in una terra libera piuttosto una union morale, che una union fisica nelle due Persone del Cristo. Dopo l’epoca in cui s’era predicato l’Evangelo alle nazioni, i Re sassaniesi vedean con inquietudine e con diffidenza una razza di stranieri e d’apo-
- ↑ Teodoro il Lettore (l. II, c. 5-49, ad calcem. Hist. ecclesiast.) ha fatto menzione di questa scuola persiana d’Edessa. Assemani (Bibliot. orient., t. II, p. 402, t. III, p. 376-378, t. IV, p. 70-924), discute con molta chiarezza ciò che riguarda il suo antico splendore, e le due epoche della sua caduta.
zioni recenti. Questo codice per altro racchiude preziosi avanzi della disciplina ecclesiastica; ed essendo stimato da tutte le comunioni dell’Oriente, è probabile ch’ei sia stato finito prima dello scisma dei Nestoriani e dei Giacobiti (Fabric., Bibliot. graec. t. XI, p. 363-367).