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136 storia della decadenza

sudditi di Roma, e que’ d’Alessandria rimasero sorpresi più dalla conformità che dalle differenze della lor fede, e ognuna delle due nazioni sperò grandissimi vantaggi da un’alleanza con genti cristiane. Gli Etiopi disgiunti dagli altri popoli della terra erano quasi tornati alla vita selvaggia. I loro navili che un tempo approdavano a Ceilan, appena osavano tentare le riviere dell’Affrica: non più vedevansi abitatori in Axum già rovinata, la nazione era dispersa ne’ villaggi, e il gran personaggio, pomposamente decorato del titolo d’Imperatore, stava in pace ed in guerra contento d’un campo renduto immobile. Sentendo la lor miseria, avevano saggiamente avvisato gli Abissinii d’introdurre le arti, e l’industria europea1, e ordinarono a’ loro ambasciatori in Roma e in Lisbona di spedire colà una colonia, di fabbri ferrai, di carpentieri, di fornaciai, di muratori, di stampatori, di chirurghi, di medici; ma dal pericolo pubblico furono sollecitati a cercare un pronto soccorso d’armi e soldati per difesa d’un popolo pacifico contro i Barbari che portavano il guasto nel cuor del paese, e contro i Turchi o gli Arabi, che con formidabile apparecchio s’avanzavano dalle rive del mare. Fu salva l’Etiopia mercè dell’aiuto di quattrocento cinquanta Portoghesi i quali dimostrarono combattendo quel valore che è proprio degli Europei, e la potenza dell’archibugio e del cannone. In un accesso

  1. Ludolfo, Hist. Aetiop., lib. IV, c. 5. Presentemente i Giudei vi esercitano le arti di prima necessità, e gli Armeni fanno il traffico esterno. L’industria europea (artes et opificia) era per Gregorio la cosa ch’egli ammirava ed invidiava più d’ogni altra.