Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/155

Da Wikisource.

dell'impero romano cap xlviii. 149

dizio del cielo nelle malattie del padre e nella deformità dei figli; ma potendo la fama d’una nascita illegittima impedir l’elezione, o infievolire la docilità del popolo, ne avvenne, che la materna tenerezza, e forse anche la gelosia d’una suocera animassero vie più l’operosa ambizion di Martina, mentre a suo marito di già innoltrato negli anni, non bastava l’animo a resistere alle seduzioni, ed alle carezze d’una sposa. Costantino, suo figlio maggiore, ottenne in età matura il titolo d’Augusto; ma col suo meschino temperamento avea mestieri d’un collega, e d’un tutore, e però acconsentì, non senza una secreta ripugnanza, a dividere con altri l’Impero. [A. D. 638] Fu radunato in Corte il senato per ratificare, o attestare la successione di Eracleone, figlio di Martina: si consacrò l’imposizion del diadema con le preghiere e la benedizione del Patriarca; i senatori e i patrizi adorarono la maestà dell’Imperatore, e quella de’ suoi colleghi, e come furono aperte le porte, la voce tumultuosa, ma importante, de’ soldati acclamò i tre principi. [A. D. 639] Dopo uno spazio di cinque mesi si celebrarono nella cattedrale, o nell’Ippodromo cerimonie, che sole formavano, per quanto pareva, la costituzion dello Stato per dimostrare la buona concordia de’ due fratelli, comparve il più giovine appoggiato al braccio del maggiore, e le grida d’una popolazione venduta, o sedotta dal timore, congiunsero il nome di Martina a quelli di Costantino e d’Eracleone. [A. D. 641] Non sopravvisse Eraclio più di due anni a questa associazione: col suo testamento nominò i suoi due figli eredi dell’Impero d’Oriente con un potere uguale, e ordinò, che onorassero Martina come la lor madre e sovrana.