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che guadagnava servendo a mantenere una famiglia d’orfanelli; deliberò dunque di cercare un campo più luminoso, ove le sue virtù, e i suoi vizi potessero condurlo alla grandezza. Giunto a Costantinopoli, senz’amici senza denari, oppresso dalla stanchezza, passò la prima notte sui gradini della Chiesa di S. Diomede; ottenne un po’ di alimento dalla carità di un monaco; indi si pose al servigio d’un parente dell’Imperator Teofilo, che pure avea questo nome, e quantunque picciolissimo della persona, si conducea sempre dietro un seguito di servi di grande statura, e di bell’aspetto. Basilio accompagnò questo padrone, che andava a comandare nel Peloponeso; col suo merito personale fece scomparire la nascita e la dignità di Teofilo, e strinse una profittevole amicizia con ricca e caritativa matrona di Patrasso. Fosse amore o affezione spirituale, questa donna, nomata Danielis, s’invaghì delle sue belle qualità, e lo adottò per figlio; gli fece dono di trenta schiavi, con altre liberalità, mercè delle quali potè fornire il bisognevole ai fratelli, e comprare possedimenti nella Macedonia. La gratitudine o l’ambizione lo riteneva ai servigi di Teofilo, e per felice combinazione fu conosciuto dalla Corte. Avvenne che un famoso lottatore, ch’era cogli ambasciatori della Bulgaria, aveva sfidato in tempo del convito reale il più coraggioso e robusto che fosse tra i Greci. Fu vantata la forza di Basilio, il quale accettò la disfida, e al primo urto gettò il Barbaro a terra. Era stato deciso di tagliare i garetti a un bellissimo cavallo indomabile ad ogni prova; Basilio lo soggiogò coll’intrepidezza e destrezza solita, ed ottenne quindi un impiego decoroso nella scuderia imperiale; ma non era possi-