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266 storia della decadenza

rono i suoi progressi ritardati o accelerati, secondo la qualità degli uomini e le combinazioni del tempo, secondo i vari gradi delle cognizioni sparse nelle varie contrade, e secondo il carattere particolare dei Vescovi. Lo spirito incostante della capitale e il genio inventivo del clero di Bizanzio s’affezionarono appassionatamente ad un culto tutto splendore, mentre le rimote regioni dell’Asia, di costumi più rozzi, non amavano punto quella specie di fasto religioso. Mantennero numerose congregazioni di Gnostici e di Ariani, dopo la loro conversione, quel semplice culto che aveano osservato prima d’abiurare, e non erano gli Armeni, i più bellicosi dei sudditi di Roma, riconciliati al duodecimo secolo colla vista delle Immagini1. Tutti questi nomi diversi produssero prevenzioni ed odii che furono di poco effetto nei villaggi dell’Anatolia e della Tracia, ma che sovente influirono sulla condotta del guerriero, del prelato o dell’eunuco, giunto alle primarie dignità della Chiesa o dello Stato.

[A. D. 726-840] Di tutti questi avventurieri il più fortunato fu l’Imperatore Leone III2, che passò dalle montagne

  1. Αρμενιοις και Αλαμανοις επισης η αγιων εικονων προσκυνησις απηγορευται, agli Armeni del pari che agli Alemanni è proibita l’adorazione delle sante Immagini. (Niceta, lib. II, p. 258). Le Chiese d’Armenia non fan ancor uso che della Croce (Missions du Levant, t. III, p. 148); ma il Greco superstizioso è senza dubbio ingiusto verso la superstizione degli Alemanni del duodecimo secolo.
  2. Negli Atti dei Concilii (tom. VIII e IX Collect. de Labbe ediz. di Venezia), e negli scritti istorici di Teofane, di Niceforo, di Manasse, di Cedreno, di Zonara ec. si devono cercare i monumenti originali di tutto ciò che è relativo agl’Iconoclasti; non si troveranno però affatto imparziali. Fra i mo-