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nità che la superstizione1 contribuirono a diffondere questa cerimonia giudaica per tutta l’Europa moderna. Si dispensarono i Franchi dal loro primo giuramento di fedeltà, ma furono minacciati dei più tremendi anatemi, i quali piomberebbero anche sulla loro posterità, se ardivano in avvenire di fare un nuovo uso della libertà d’elezione, o di scegliere un re, che non fosse della santa e degna stirpe dei principi Carlovingi. Godettero questi principi tranquillamente la loro gloria senz’inquietarsi dell’avvenire; afferma il secretario di Carlomagno, che lo scettro di Francia era stato trasferito dall’autorità dei Papi2, e in processo di tempo, nelle loro più ardite imprese, non lasciarono d’insistere con fiducia su quest’atto notabile, e approvato dalla loro giurisdizion temporale.

II. Aveano i costumi e la lingua cangiato a tale, che i patrizi di Roma3 erano ben lontani dal ram-

  1. Quantunque, a dir vero, gli Imperatori romani cristiani e cattolici del quarto, e quinto secolo, non sieno stati unti, non può chiamarsi superstiziosa la cerimonia dell’unzione, che, sebbene in origine ebraica, non fu o condannata, o tolta via dal cristianesimo, che riformando il giudaismo su d’esso essenzialmente si fondò; e poi cotal cerimonia serviva e serve a rendere specialmente per il volgo più rispettabili i sovrani, i quali lo sono grandemente per gli uomini ragionevoli, e fedeli, anche senza la cerimonia anzidetta. (Nota di N. N.)
  2. Vedi Eginardo, in vita Caroli Magni, c. 1, p. 9, ec. c. 3, p. 24. Childerico fu deposto, jussu, e la razza Carlovingia ristabilita sul trono, auctoritate pontificis romani. Launoy ed altri scrittori pretendono che quest’energiche parole sono suscettive d’un’interpretazione assai mite; sia pure; ma Eginardo conosceva bene il Mondo, la Corte e la lingua latina.
  3. Vedi sul titolo e sui poteri di patrizio di Roma, Du-