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362 storia della decadenza

meno odioso; a sessantamila marchi d’argento1 fu portata la rendita dell’Italia, ma ad infinita ampiezza la estesero colle estorsioni gli officiali del fisco. Col terrore e colla forza dell’armi furono ridotte al dovere le città più pertinaci; i prigioni furono consegnati al carnefice, o fatti perire sotto i dardi scagliati dalle macchine guerresche: dopo l’assedio e la resa di Milano, Federico fece radere gli edifici di quella magnifica capitale; ne levò trecento statici cui spedì in Alemagna, e disperse in quattro villaggi gli abitanti messi sotto il giogo dall’inflessibile vincitore2. Non tardò Milano a risorgere dalle sue ceneri: la sventura formò la lega di Lombardia; Venezia, il Papa, Alessandro III, e l’Imperator greco ne difesero gl’interessi; l’edificio del dispotismo fu atterrato in un giorno, e nel trattato di Costanza Federico sottoscrisse, con qualche riserva, la libertà di ventiquattro città. Aveano queste acquistato tutto il vigore e la maturità, quando entrarono in lotta contro il suo nipote; ma questi, Federico II, era dotato di qualità personali, e singolari che lo segnalavano3. Per la nascita e per la educazione era raccomandato agli Italiani, e durante l’implacabil discordia della fazione

  1. Guntero Ligurino, l. VIII, p. 584 e segu; apud Schmidt, t. III, p. 399.
  2. Solus imperator faciem suam firmavit ut petram. (Burcard., De excidio Mediolani, Script. Ital., t. VI, p. 917). Questo tomo di Muratori contiene i monumenti originali dell’istoria di Federico I, da confrontarsi fra loro, senza dimenticare la condizione e i pregiudizii di quegli scrittori, sieno essi Germani o Lombardi.
  3. Vedi, sull’istoria di Federico II e sulla Casa di Svevia a Napoli, Giannone, Istoria civile, t. II, l. XIV-XIX.