Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/11

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dell'impero romano cap. xxv. 7

Cristiani eran tutti concordi nell’alto e sincero applauso, che davano al pio successor di Giuliano. Ma tuttavia ignoravano qual formula di fede o qual sinodo avrebbe scelto per norma dell’ortodossia; e la pace della Chiesa fece immediatamente risorgere le ardenti dispute, che si eran sospese nel tempo della persecuzione. I Vescovi, capi delle Sette contrarie fra loro, convinti dall’esperienza, che la lor sorte moltissimo dipendeva dalle prime impressioni, che si sarebbero fatte nella mente d’un ignorante soldato, si affrettarono di giungere alla Corte d’Edessa o d’Antiochia. Eran piene le pubbliche vie dell’Oriente di Vescovi Omousj, Arriani, Semiarriani ed Eunomiani, che procuravano di sorpassarsi l’uno l’altro nella santa carriera; gli appartamenti del palazzo risonavano dei loro clamori; e le orecchie del Principe venivano assalite, e forse rendute attonite pel singolar mescuglio di argomenti metafisici e di appassionate invettive1. La moderazione di Gioviano, che raccomandava la concordia e la carità, e rimetteva i contendenti alla decisione d’un futuro Concilio, era interpretata come un sintomo d’indifferenza; ma finalmente si scoprì e si dichiarò il suo attaccamento alla fede Nicena dalla riverenza ch’ei dimostrò per le virtù celestiali del grande Atanasio2. L’intrepido veterano

    VI. c. 3. Si esagera da Sozomeno la nuova legge, che condannò il ratto o il matrimonio delle Monache (Cod. Teodos. l. IX. tit. XXV. leg. 2). Egli suppone che uno sguardo amoroso, l’adulterio del cuore, fosse punito con la morte dall’Evangelico Legislatore.

  1. Si confronti Socrate l. III c. 25. e Filostorgio l. VIII. c. 6. con le dissertazioni del Gotofredo. 330.
  2. La parola celestiale esprime debolmente l’empia e stra-