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LETTERA II.

Vi ho fatto osservare nella mia prima lettera, che il Sig. Gibbon si protesta di non poter ammettere la delicatezza del Baronio, del Valesio, e del Tillemont, che quasi rigettano il racconto di Palladio intorno al rifugio di S. Atanasio in casa della Vergine Alessandrina, che egli con ogni scaltrezza vorrebbe pure far credere una lunga corrispondenza amorosa. E che? Sarebbe forse un troppo gran torto fatto a Palladio, il preferire alla sua l’autorità di S. Gregorio Nazianzeno, e di Atanasio medesimo, il quale attesta, che subito dopo l’invasione della Chiesa di Alessandria fatta da Siriano fuggissi nell’Eremo? Che ivi poi si trattenesse per lungo tempo il dimostrano le lettere, che ei di colà scrisse, come ne fa fede la data1, e il conferma la minuta descrizion del saccheggio dato a quei Monasteri dai furibondi soldati, che l’obbligarono a ricovrarsi in un orrido nascondiglio. Ma quando fosse stato sì scrupoloso il Sig. Gibbon da negar tutto a Palladio, perchè invece di far una vana pompa di delicatezza di stile non ha piuttosto avvertito, che non apparteneva alle vergini il lavare i piedi dei Santi, che l’intrepido Campion della fede Nicena non era sì molle da esigere da una vergine un tale uffizio in mancanza di

  1. V. Athan. Epist. ad Lucif. et Serapion.