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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/153

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sulle testimonianze di Filone1 per mostrar che gli antichi Giudei avevano la stessa nozione del Verbo Divino ιοῦ λόγου θεἰου θεἰου, la qual ce ne danno gli scritti dei Cristiani, nè sulle parafrasi Caldaiche del V. T. le quali in cento luoghi insinuano, che il Membra corrispondente al λόγος dei Giudei Ellenisti è distinto da Dio Padre, è Dio, e mediatore tra Dio e gli uomini. Osserverò bensì col Ch. vostro Pocok nelle sue note ad Portam Mosis, che tutti gli antichi Ebrei interpretarono il secondo Salmo Davidico del Messia (e conseguentemente di G. C.) tenuto sempre per vero figlio di Dio2 finchè non si videro costretti ad interpretarlo altrimenti, ut respondeatur Minacis seu haereticis, cioè a noi Cristiani, secondo l’espressione di R. Jarchi. Mi unisco ancora col soprallodato Lamy a maravigliarmi come chi ha dato un’occhiata al Vangelo possa esser d’avviso, contro la testimonianza di S. Epifanio3, che fosse ignota ai buoni antichi Israeliti la Trinità: mentre l’Angelo Gabriele nell’annunziazion della Vergine abitante in Nazaret4, le ne ragiona come di cosa notissima. E notate che l’ossequio di lei alla fede era quale l’esi-

  1. Non si nega a Clerc, che Filone fosse un Platonico celebre: ma si ha diritto di esiger da lui, che non dia una mentita a Filone stesso, il quale nel Lib. de Opif. Mundi attesta di aver appresa la dottrina del Logos περί τῦ λὸγου non da Platone, ma da Mosè. Μωσεῶς εστι τὸ υόγμα τουτο, ουκ εμον, Vedi Joh. Lami de recta Christ. in eo quod myster. Div. Tri. adtinet Sententia. L. 4. c. 8.
  2. Dissert. cit. §. 5.
  3. Haeres. V.
  4. Luc. C. 1. v. 26.