Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/232

Da Wikisource.
228 storia della decadenza

dell’Imperatore, il cui Esercito sarebbe rimasto distrutto da un’altra battaglia di simil fatta, adottarono il più ragionevole disegno di rovinare i Barbari per mezzo dei bisogni e delle strettezze della stessa loro moltitudine. Si preparavano essi a confinare i Visigoti nell’angusto angolo di terra, che è fra il Danubio, il deserto della Scizia ed il monte Emo, finattantochè insensibilmente se ne consumasse la forza e lo spirito dall’inevitabile azion della fame. Fu eseguito il disegno con qualche condotta ed effetto; i Barbari avevan quasi dato fondo ai lor magazzini ed ai ricolti del paese; e la diligenza di Saturnino, Generale di cavalleria, si impiegava in accrescer la forza, e ristringere l’estensione delle fortificazioni Romane. Furono però interrotte le sue fatiche dall’inquietante notizia, che nuovi sciami di Barbari aveano passato il non difeso Danubio, affine o di sostenere la causa o d’imitar l’esempio di Fritigerno. La giusta apprensione di potere egli stesso venir circondato ed oppresso dalle armi di ostili ed ignote nazioni, obbligò Saturnino ad abbandonare l’assedio del campo de’ Goti; ed essi nell’uscire sdegnati dal confino in cui erano, saziaron la fame e la vendetta loro con la replicata devastazione della fertil campagna, che s’estende più di trecento miglia dalle rive del Danubio fino allo stretto dell’Ellesponto1. L’accorto Fritigerno si era fortunatamente applicato a secondar le passioni e l’interesse dei Barbari suoi alleati; e l’amore della rapina e l’odio di Roma favorirono o prevennero l’eloquenza de’ suoi ambasciatori. Egli strinse una forte e vantaggiosa alleanza col

  1. Ammiano XXXI. 8.