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riale, se si fossero piegati ad esser dispersi per le Province. Essi chiesero ed ottennero separatamente il possesso dei villaggi e distretti, assegnati per loro abitazione: ritennero sempre e propagarono il linguaggio ed i costumi loro nativi; sostennero in seno del dispotismo la libertà del domestico loro governo; e riconobbero la sovranità dell’Imperatore, senza sottoporsi all’inferior giurisdizione delle leggi e dei magistrati di Roma. Fu sempre permesso ai Capi ereditari delle tribù e delle famiglie di comandare in pace ed in guerra i loro seguaci; ma fu abolita la dignità reale, ed i generali dei Goti erano eletti e rimossi ad arbitrio dell’Imperatore. Si mantenne al servizio continuo dell’Impero d’Oriente un’armata di quarantamila Goti; queste superbe truppe, che prendevano il nome di Foederati, o alleati, si distinguevano per le auree loro collane, per la generosa paga, e pei larghi privilegi che avevano. S’accrebbe il nativo loro coraggio per l’uso delle armi e per la cognizione della disciplina, e mentre la Repubblica era difesa o minacciata dalla dubbiosa spada dei Barbari, vennero finalmente ad estinguersi negli animi dei Romani le ultime scintille dell’ardor militare1. Teodosio ebbe la destrezza di persuadere ai suoi alleati, che le condizioni di pace, a cui l’avevano tratto la necessità e la prudenza, non erano che volontarie espressioni della

  1. Si paragonino fra loro Giornandes (c. XX. 27) che nota la condizione ed il numero dei confederati Gotici, Zosimo (l. IV. p. 258), che fa menzione degli aurei loro collari, e Pacato (in Paneg. vet. XII. 37), che applaudisce con falsa o stolta gioia alla disciplina e bravura loro.