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270 storia della decadenza

tale straordinaria controversia, dissimulò i timori e lo sdegno, e tosto licenziò la tumultuosa assemblea. Fravitta, agitato ed inasprito dall’insolenza del suo rivale, la cui partenza dal palazzo avrebbe potuto essere il segno d’una guerra civile, arditamente lo seguitò, e sfoderata la spada, stese morto Priulfo ai suoi piedi. I loro compagni corsero alle armi; ed il fedel campione di Roma sarebbe restato oppresso dal maggior numero, se non fosse stato difeso dall’opportuna interposizione delle guardie Imperiali1. Tali erano le scene del furore dei Barbari, che disonoravano il palazzo e la mensa dell’Imperatore di Roma; e poichè gl’impazienti Goti non potevano esser tenuti a freno, che dal fermo e moderato carattere di Teodosio, pareva che la pubblica salute dipendesse dalla vita e dall’abilità di un solo uomo2.

  1. Si confronti Eunapio (in Excerpt. Legat. p. 21. 22), con Zosimo (l. IV. p. 279). Deve senza dubbio applicarsi alla medesima storia la differenza delle circostanze e dei nomi. Fravitta o Travitta in seguito fu Console, nell’anno 401, e continuò nel fedele servizio del figlio maggiore di Teodosio (Tillemont Hist. des Emp. Tom. V. p. 467).
  2. I Goti messero tutto a sacco dal Danubio fino al Bosforo; esterminarono Valente e il suo esercito, e non ripassarono il Danubio, che per abbandonar l’orribile solitudine, che avevan fatto (Oeuvres de Montesquieu T. III p. 479. Considérations sur les causes de la grand. et de la decad. des Rom. c. 17). Il Presidente di Montesquieu sembra avere ignorato che i Goti, dopo la disfatta di Valente, non abbandonarono mai il territorio Romano. Sono adesso trent’anni, dice Claudiano (de Bell. Getic. 166. ec. An. 404),

    Ex quo jam patrios gens haec oblita Triones,
    Atque Istrum transvecta semel, vestigia fixit
    Threicio funesta solo....