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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/296

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292 storia della decadenza

piantare il suo protettore dall’Episcopal sede di Costantinopoli. Tali mortificazioni qualche volta poteron tentare il missionario di Cappadocia a desiderar l’oscura sua solitudine. Ma premiate ne furono le fatiche dall’accrescimento continuo della sua fama e della sua congregazione; ed ebbe il piacere d’osservare, che la maggior parte della numerosa sua udienza partiva dai suoi discorsi soddisfatta dell’eloquenza del predicatore1, o mortificata per le molte imperfezioni della propria fede o morale2.

[A. 380] I Cattolici di Costantinopoli furono animati di lieta fiducia dal battesimo e dall’editto di Teodosio; ed aspettavano impazientemente gli effetti della sua graziosa promessa. Restaron ben presto soddisfatte le loro speranze; e l’Imperatore, appena ebbe finite le operazioni della campagna, fece il suo pubblico ingresso nella capitale alla testa di un vittorioso esercito. Il giorno dopo il suo arrivo, chiamò Damofilo alla sua presenza, e propose a quell’Arriano Prelato la dura alternativa o di sottoscrivere alla fede Nicena, o di rilasciar subito agli ortodossi credenti l’uso ed il possesso del palazzo Episcopale, della Cattedrale di S. Sofia, e di tutte le Chiese di Costantinopoli. Lo zelo di Damofilo, che in un santo cattolico si sarebbe giustamente applaudito, abbracciò senza esitare una vita

  1. Sotto il modesto velo d’un sogno, Gregorio (T. II. Carm. IX. p. 78) descrive il proprio buon successo con qualche umana compiacenza. Pure dalla famigliare conversazione di lui con S. Girolamo, suo discepolo (Tom. I. Epist. ad Nepotian. p. 14), parrebbe, che il predicatore sapesse il vero valore dell’applauso popolare.
  2. Lacrymae auditorum laudes tuae sint: questo è il vivace e giudizioso parere di S. Girolamo.