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372 storia della decadenza

accrebbe nei riformatori Cristiani lo zelo d’estirpare senza misericordia la radice della superstizione. Le leggi degl’Imperatori dimostrano qualche sintomo di una disposizione più dolce1: ma i loro freddi e languidi sforzi non furono sufficienti ad arrestare il corso dell’entusiasmo e della rapina, che era diretta o piuttosto mossa dai Regolatori spirituali della Chiesa. Nella Gallia il Santo Martino, Vescovo di Tours2, marciava alla testa dei fedeli suoi Monaci a distrugger gl’idoli, i tempj, e gli alberi sacri della estesa sua Diocesi; e nell’esecuzione di questa difficile impresa il prudente lettore giudicherà, se Martino era sostenuto dal soccorso di miracolosa potenza, o dalle armi corporali. Nella Siria il divino ed eccellente Marcello3, come l’appella Teodoreto, Vescovo animato da fervore Apostolico, risolvè di gettare a terra i magnifici tempj, ch’erano tuttavia nella Diocesi d’Apamea. L’arte e la solidità, con cui era stato fabbricato il tempio di Giove, resistè all’attacco. Era situata quella fabbrica sopra un’eminenza; da ciascheduno dei quattro lati di essa era sostenuto il sublime tetto da quindici grosse colonne, che avevano

  1. Vedasi la curiosa orazione di Libanio pro Templis, pronunziata, o piuttosto composta circa l’anno 390. Io ho consultato con vantaggio la versione e le note del dottor Lardner (Testim. Pagan. Vol. IV. p. 135. 163).
  2. Vedi la vita di Martino fatta da Sulpicio Severo (c. 9-14). Il Santo prese una volta (come avrebbe fatto Don Chisciotte) un innocente funerale pur una processione idolatrica, ed imprudentemente commise un miracolo.
  3. Si confronti Sozomeno (l. 7. c. 15) con Teodoreto (l. V. c. 21). Fra tutti due riferiscono la crociata e la morte di Marcello.