Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/41

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xxv. 37

sione vennero confermati dall’abitudine della crudeltà1. Poteva egli mirare con fredda soddisfazione le convulsive agonie della tortura e della morte; donava la sua amicizia a quei servi fedeli, l’indole dei quali era più coerente alla propria. Il merito di Massimino, che avea fatto strage delle più nobili famiglie di Roma fu premiato con la real approvazione e con la Prefettura della Gallia. Non poterono aver la sorte di partecipare del favore di Massimino, che due feroci ed enormi orsi distinti coi nomi d’Innocenza, e di Mica aurea. Eran sempre vicine alla camera di Valentiniano le gabbie di tali favorite guardie; e spesso egli si dilettava del grato spettacolo di vedere sbranare e divorar da loro le palpitanti membra dei malfattori abbandonati alla furia di esse. Il Romano Imperatore prendevasi gran cura del loro cibo e dei loro esercizi; e quando Innocenza ebbe adempito con una lunga serie di meritevoli servigi il suo uffizio, al fedele animale fu restituita la libertà dei nativi suoi boschi2.

Ma nei tranquilli momenti della riflessione, allorchè lo spirito di Valente non era agitato dal timore, o quello di Valentiniano dall’ira, i tiranni riassumevano

  1. Erano innocenti tre apparitori ed un agente di Milano, che Valentiniano condannò per aver significato una legal citazione. Ammiano (XXVII. 7.) stranamente suppone che tutti coloro, i quali erano stati ingiustamente condannati, si venerassero come martiri dai Cristiani. L’imparziale silenzio di lui non ci permette di credere, che Rodano, gran Ciamberlano, fosse arso vivo per un atto d’oppressione: Cron. Pasq. p. 302.
  2. Ut bene meritam in sylvas jussit abire Innoxiam. Ammian. XXIX. 5. e Vales. ib.