Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/423

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un impostore solenne? Eppure egli parla di un tal prodigio non solo nelle sue confessioni1, ma ancora nella grand’Opera de Civitate Dei2; ed ivi ne parla come di un fatto avvenuto immenso populo teste, e nuovamente in un sermone recitato in Affrica lo ratifica come testimone oculato3.

Nè vi deste a credere, che io pretendessi di sostener questo fatto come un articol di Fede4: esigo solo, che si ponga in bilancia tuttociò che lo rende credibile come quello che ad esso si oppone, e mi lusingo, che la ragionevolezza di qualunque lettore, non prevenuto contro i miracoli5, avrà una conferma, che nella storia del Sig. Gibbon vi è il quarto tra i segni di malignità divinati di sopra6.

Passiamo ora all’editto Imperiale rappresentatoci da questo novello Demade come una legge di Dracone vergata non atramento sed sanguine. Comprende forse quella porzione di legge generalmente tutti i sudditi

  1. S. Aug. lib. 9. Cons. C. 7.
  2. Lib. 22. C. 8.
  3. Serm. 39 de divers. „Ibi eram, Mediolani eram, facta miracula VIDI, novi attestantem Deum pretiosis mortibus sanctorum suorum. Coecus notissimus universae Civitati illuminatus est. Cucurrit, adduci se fecit, forte adhuc vivit. In ipsa eorum Basilica, ubi sunt corpora totam vitam suam se serviturum esse devovit„.
  4. V. Franc. Veron. Reg. Fid. Cath. §. 3. in Append. ad Natal. Alexand.
  5. Il Sig. Gibbon non vuol miracoli di veruna sorta, nè in verun tempo: egli investe quelli degli Apostoli, e di Gesù Cristo medesimo. Vedi il Saggio di Confutazione di Niccola Spedalieri ec.
  6. Quantum ergo signum est etc. Vedi il Muratori De Ingenior. moderat. in Relig. neg. l. 3. C. 11.