Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/222

Da Wikisource.
216 storia della decadenza

cia d’un venerabile Vescovo1. La sfortunata Placidia, invece della rispettosa compassione che avrebbe dovuto eccitare nei petti più selvaggi, fu trattata con crudele e vergognoso insulto. La figlia dell’Imperator Teodosio, confusa in una folla di volgari schiave, fu costretta a camminare a piedi più di dodici miglia innanzi al cavallo d’un Barbaro, assassino d’un marito, che Placidia amava e piangeva2.

[A. 415-418] Ma Placidia ebbe presto il piacere della vendetta; e la vista degl’ignominiosi travagli di lei potè muovere uno sdegnato Popolo contro il Tiranno, che fu assassinato il settimo giorno della sua usurpazione. Dopo la morte di Singerico, la libera scelta della nazione diede lo scettro Gotico a Vallia, l’indole guerriera ed ambiziosa del quale parve nel principio del suo regno estremamente contraria alla Repubblica. Ei marciò in armi da Barcellona fino a’ lidi del mar Atlantico, che gli Antichi veneravano e temevano come il confine del Mondo. Ma quando giunse al promontorio meridionale della Spagna3, e dallo scoglio, dove ora è la fortezza di Gibilterra, osservò la vicina e fertile costa dell’Affrica, Vallia riprese i disegni di conqui-

  1. Tale uccisione si riferisce da Olimpiodoro; ma il numero dei figli è preso da un epitaffio di sospetta fede.
  2. La morte d’Adolfo fu celebrata in Costantinopoli con illuminazioni, e giuochi Circensi (vedi la Cronic. Aless.). Può sembrar dubbioso, se i Greci in quest’occasione fossero mossi dall’odio, che avevan pei Barbari o pei Latini.
  3. Quod Tartessiacis avus hujus Vallia terris
    Vandalicas Turmas, et juncti Martis Alanos
    Stravit, et occiduam texere cadavera Calpen.

    Sidon. Apollin. in Paneg. Anthem. 39. p. 300. Edit. Sirmond.