Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/279

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dell'impero romano cap. xxxii 273

il pomposo lusso del regno d’Arcadio nell’atto di condannarlo. „L’Imperatore (dic’egli) porta sul capo o un diadema o una corona d’oro adornata di pietre preziose, d’inestimabil valore. Questi ornamenti e le vesti di porpora son riserbate per la sola sua sacra persona; ed i suoi abiti di seta son ricamati con figure di dragoni d’oro. Il suo trono è d’oro massiccio. Ogni volta che comparisce in pubblico, egli è attorniato dai cortigiani, dalle guardie e dai Ministri. Le lance, gli scudi, le corazze, le briglie, ed i finimenti dei loro cavalli sono o in sostanza o in apparenza d’oro, e l’ampio splendido rilievo, che è nel mezzo del loro scudo, è circondato da piccole borchie, le quali hanno la figura dell’occhio umano. Le due mule, che tirano il cocchio del Monarca, sono perfettamente bianche, e da ogni parte risplendono d’oro. Il cocchio medesimo, di purissimo oro sodo, attrae l’ammirazione degli spettatori, che osservano le portiere di porpora, il candido tappeto, la grossezza delle pietre preziose, e le rilucenti lastre d’oro, che brillano, quando sono agitate dal moto del cocchio. Le pitture Imperiali son bianche sopra un fondo turchino: l’Imperatore comparisce assiso sul trono, con le armi, i cavalli e le guardie intorno ad esso, ed i suoi soggiogati nemici, in catena, a’ suoi piedi„. I successori di Costantino stabilirono la perpetua lor residenza nella città reale, che egli aveva eretta sul confine dell’Europa e dell’Asia. Inaccessibili alle minacce dei loro nemici, e forse alle querele dei loro Popoli, ricevevano, qualunque vento spirasse, le tributarie produzioni d’ogni clima, e l’inespugnabil forza della lor Capitale continuò per più secoli a sfidare gli ostili sforzi