Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/306

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apprezzare il genuino merto del Grisostomo. Essi concordemente attribuiscono all’oratore Cristiano il libero possesso d’una lingua elegante e copiosa; il giudizio di celare i vantaggi, che traeava dalla cognizione della Rettorica e della Filosofia; un fondo inesausto di metafore e similitudini, d’immagini e d’idee per variare ed illustrare i topici più famigliari; la felice arte di impegnar le passioni in servizio della virtù, e d’esporre la follia non meno che la bruttezza del vizio quasi con la verità e lo spirito d’una drammatica rappresentazione.

Le pastorali fatiche dell’Arcivescovo di Costantinopoli provocarono, ed appoco appoco riunirono contro di esso due sorte di nemici: vale a dire il Clero ambizioso, che ne invidiava il frutto, e gli ostinati peccatori, che eran offesi da suoi rimproveri. Quando il Grisostomo, dal pulpito di S. Sofia, fulminava contro la degenerazione dei Cristiani, i suoi dardi cadevano sulla moltitudine senza ferire e neppur notare il carattere d’alcuno individuo. Quando ei declamava contro i vizi particolari del ricco, la povertà potea trarre una passeggiera consolazione dalle sue invettive: ma il colpevole sempre si nascondeva nel numero dei compagni; ed il rimprovero stesso era innalzato da certe idee di superiorità e di godimento. Ma a misura che la piramide progrediva verso la sommità, insensibilmente diminuiva, accostandosi a un punto, ed

    derati critici Ecclesiastici, Erasmo (Tom. III. p. 1344), e Dupin (Bibl. Eccl. Tom. III. p. 38): pure il buon gusto del primo è qualche volta viziato da un eccessivo amore dell’antichità; ed il buon senso dell’altro è sempre frenato da prudenziali riflessi.