Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/505

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dell'impero romano cap. xxxvi. 499

mente che della forza1: e gl’indipendenti Bagaudi, che si erano sottratti, o avevan resistito all’oppressione de’ regni antecedenti, si trovaron disposti a confidare nelle virtù di Maioriano. Il suo campo era pieno di alleati Barbari, era sostenuto il suo trono dallo zelo d’un Popolo affezionato; ma l’Imperatore aveva previsto, ch’era impossibile, senza una forza marittima, di condurre a fine la conquista dell’Affrica. Al tempo della prima guerra Punica, la Repubblica aveva usato una sì incredibile diligenza, che nello spazio di sessanta giorni, da che fu dato il primo colpo di scure nella foresta, si era superbamente messa all’ancora in mare una flotta di centosessanta galere2. In circostanze molto meno favorevoli, Maioriano uguagliò il coraggio, e la perseveranza degli antichi Romani. Furon tagliati i boschi dell’Appennino, si restaurarono gli arsenali, e le manifatture di Miseno e di Ravenna; l’Italia, e la Gallia gareggiarono in ampie contribuzioni pel servigio pubblico; e si riunì nel sicuro e capace porto di Cartagena in Ispagna la flotta Imperiale, composta di trecento grosse galere con un proporzionato numero di navi da trasporto, e di barche

  1. Τα μεν οελοις, τα δε λογοις; Tal è la giusta e forte distinzione di Prisco (Excerpt. Legat. p. 42) in un breve frammento, che getta molta luce sull’istoria di Maioriano. Giornandes ha soppresso la disfatta e l’alleanza de’ Visigoti, che furono solennemente pubblicate nella Gallicia, e sono notate nella Cronica d’Idazio.
  2. Fioro l. II. c. 2. Egli scherza con l’immagine poetica, che gli alberi si erano trasformati in navi: ed in vero tutto il fatto, come vien raccontato nel primo libro di Polibio, si allontana troppo dal corso probabile degli avvenimenti umani.