Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/507

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dell'impero romano cap. xxxvi. 501

del valore de’ nazionali suoi sudditi, ch’era snervato dalla mollezza del Mezzodì1; dubitava della fedeltà del Popolo soggiogato, che l’abborriva come un Arriano Tiranno; e la disperata risoluzione, ch’ei prese di ridurre la Mauritania in un deserto2, non serviva ad impedire le operazioni dell’Imperator Romano, che poteva sbarcar le sue truppe su qualunque parte voleva della costa Affricana. Ma Genserico fu salvato dall’imminente ed inevitabile rovina, mediante il tradimento di alcuni potenti sudditi, invidiosi o timorosi del buon successo del loro Signore. Guidato dalla segreta intelligenza con essi, sorprese la flotta, che stava senza difesa nella baia di Cartagena: molte navi furono affondate, prese o bruciate; e furono distrutti in un sol giorno3 i preparativi di tre anni. Dopo questo fatto la condotta dei due avversari gli dimostrò superiori alla loro fortuna. Il Vandalo, invece di insuperbirsi di quest’accidental vittoria, immediata-

  1. . . . . . Spoliisque potitus
    Immensis, robur luxuria perdidit omne,
    Qua valuit, dum pauper erat.
         Paneg. Major.
    330.

  2. Egli abbruciò i villaggi, ed avvelenò le fonti (Prisco p. 42). Dubos (Hist. Crit. Tom. I p. 475) osserva, che i magazzini, che i Mori avevan posti sotto terra, poterono evitare le sue distruttive ricerche. Si trovano alle volte scavate due o trecento fosse nel medesimo luogo: ed ogni fossa contiene almeno quattrocento misure di grano. Shavv. Viagg. p. 139.
  3. Idazio, che nella Gallicia era sicuro dalla potenza di Ricimero, arditamente ed ingenuamente dichiara: Vandali per proditores admoniti etc. Ei dissimulò però il nome del traditore.