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504 storia della decadenza

tile il discutere le azioni del suo regno di puro nome nel vacante intervallo di sei anni fra la morte di Maioriano, e l’elevazione d’Antemio. Durante quel tempo il governo era nelle mani del solo Ricimero; e quantunque il modesto Barbaro ricusasse il nome di Re, accumulò per altro dei tesori, formò un esercito a parte, trattò delle alleanze private, e regolò l’Italia coll’istessa dispotica ed indipendente autorità, che fu esercitata in seguito da Odoacre e da Teodorico. Ma le alpi servivano di confini a’ suoi Stati; ed i due Generali Romani, Marcellino ed Egidio si mantennero fedeli alla Repubblica, rigettando con isdegno il fantoccio, a cui esso dava il nome d’Imperatore. Marcellino era tuttavia attaccato all’antica religione, ed i devoti Pagani, che, segretamente trasgredivan le leggi della Chiesa e dello Stato, applaudivano alla profonda sua abilità nella scienza della divinazione. Ma egli era dotato delle più pregevoli qualità dell’erudizione, della virtù e del coraggio1; lo studio delle lettere Latine aveva migliorato il suo gusto, ed i suoi talenti militari gli avevan conciliato la stima e la confidenza del grand’Ezio, nella rovina del quale si ritrovò involto. Mediante una opportuna fuga, Marcellino evitò il furore di Valentiniano, ed arditamente sostenne la sua libertà fra le convulsioni dell’Impero Occidentale. La volontaria o ripugnante sua sommissione dall’au-

    ed una vecchia lista degl’Imperatori, composta verso il tempo di Giustiniano, loda la sua pietà, e ne fissa la residenza in Roma (Sirmondo not. ad Isid. p. 111, 112).

  1. Il Tillemont, ch’è sempre scandalizzato dalla virtù degl’infedeli, attribuisce questo vantaggioso ritratto di Marcellino (conservatosi da Suida) al parziale zelo di qualche isterico Pagano Hist. des Emper. Tom. VI p. 330.